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62 xvi - temistocle


Temistocle.   Perché?

Serse.   Soffrirlo
Serse non debbe.
Temistocle.   E la cagion?
Serse.   Son tante,
che spiegarle non so. (gli leva la tazza)
Temistocle.   Serse, la morte
tôrmi non puoi: l’unico arbitrio è questo
non concesso a’ monarchi.
Serse. (getta la tazza)  Ah! vivi, o grande
onor del secol nostro. Ama, il consento,
ama la patria tua; ne è degna: io stesso
ad amarla incomincio. E chi potrebbe
odiar la produttrice
d’un eroe, qual tu sei, terra felice?
Temistocle. Numi! ed è ver? tant’oltre
può andar la mia speranza?
Serse.   Odi, ed ammira
gl’inaspettati effetti
d’un’emula virtú. Su l’ara istessa,
dove giurar dovevi
tu l’odio eterno, eterna pace io giuro
oggi alla Grecia. Ormai riposi, e debba,
esule generoso,
a sí gran cittadino il suo riposo.
Temistocle. O magnanimo re, qual nuova è questa
arte di trionfar! D’esser sí grandi
è permesso a’ mortali? Oh Grecia! oh Atene!
oh esilio avventuroso!
Aspasia.   Oh dolce istante!
Neocle. Oh lieto dí!
Lisimaco.   Le vostre gare illustri,
anime eccelse, a pubblicar lasciate
ch’io voli in Grecia. Io la prometto grata
a donator sí grande,
a tanto intercessor.