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178 iii - catone in utica


io t’amo, è ver; ma la beltá del volto
non fu che mi legò: Catone adoro
nel sen di Marzia; il tuo bel core ammiro
come parte del suo: qua piú mi trasse
l’amicizia per lui che il nostro amore:
e se (lascia ch’io possa
dirti ancor piú) se m’imponesse un nume
di perdere un di voi, morir d’affanno
nella scelta potrei;
ma Catone e non Marzia io salverei.
Marzia. Ecco il Cesare mio. Comincio adesso
a ravvisarlo in te. Cosí mi piaci;
cosí m’innamorasti. Ama Catone:
io non ne son gelosa. Un tal rivale
se divide il tuo core,
piú degno sei ch’io ti conservi amore.
Cesare. Quest’è troppa vittoria. Ah! mal da tanta
generosa virtude io mi difendo.
Ti rassicura: io penso
al tuo riposo; e, pria che cada il giorno,
dall’opre mie vedrai
che son Cesare ancora e che t’amai.
               Chi un dolce amor condanna,
          vegga la mia nemica;
          l’ascolti e poi mi dica
          se è debolezza amor.
               Quando da sí bel fonte
          derivano gli affetti,
          vi son gli eroi soggetti,
          amano i numi ancor. (parte)