Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/233

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atto terzo 227


cede a’ moti del sangue
la mia fortezza. Ah, non credea lasciarti
in Africa cosí!
Marzia.  Mi scoppia il core!
Arbace. Oh dèi!
Catone. (siede)  Marzia, il vigore
sento mancar... Vacilla il piè... Qual gelo
mi scorre per le vene! (sviene)
Marzia. Soccorso, Arbace! Il genitor giá sviene.
 (si vedono venir Cesare e Fulvio dal fondo)
Arbace. Non ti avvilir. La tenerezza opprime
gli spirti suoi.
Marzia.  Consiglio, Emilia.
Emilia.  Arriva
Cesare a noi.
Marzia.  Misera me!
Arbace.  Che giorno
è questo mai!

SCENA ULTIMA

Cesare, poi Fulvio con numeroso séguito, e detti.

Cesare.  Vive Catone?
Arbace.  Ancora
lo serba il ciel.
Cesare.  Per mantenerlo in vita
tutto si adopri, anche il mio sangue istesso.
Marzia. Parti. Cesare, parti:
non accrescermi affanni.
Catone.  Ah figlia!
Arbace.  Al labbro
tornan gli accenti.
Cesare. (si appressa a Catone e lo sostiene) Amico, vivi, e serba
alla patria un eroe.
Catone. (prende per la mano Cesare, credendolo Marzia) Figlia, ritorna
a questo sen. Stelle! ove son? Chi sei?