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256 | iv - ezio |
SCENA VIII
Valentiniano e Massimo.
Valentiniano. Ezio sappia ch’io bramo
seco parlar, che qui l’attendo.
(ad una comparsa che, ricevuto l’ordine, parte)
Amico,
comincia ad adombrarmi
la gloria di costui. Ciascun mi parla
delle conquiste sue: Roma lo chiama
il suo liberatore: egli se stesso
troppo conosce. Assicurarmi io deggio
della sua fedeltá. Voglio d’Onoria
al talamo innalzarlo, acciò che sia
suo premio il nodo e sicurezza mia.
Massimo. Veramente per lui giunge all’eccesso
l’idolatria del volgo. Omai si scorda
quasi del suo sovrano,
e un suo cenno potria...
Basta: credo che sia
Ezio fedele, e il dubitarne è vano:
se però tal non fosse, a me parrebbe
mal sicuro riparo
tanto innalzarlo.
Valentiniano. Un sí gran dono ammorza
l’ambizion d’un’alma.
Massimo. Anzi l’accende.
Quando è vasto l’incendio, è l’onda istessa
alimento alla fiamma.
Valentiniano. E come io spero
sicurezza miglior? Vuoi ch’io m’impegni
su l’orme de’ tiranni, e ch’io divenga
all’odio universale oggetto e segno?