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atto secondo | 33 |
Iarba. Risparmia al tuo gran core
questa pietá. D’una regina amante
tenta pure a mio danno,
cerca pur d’irritar gli sdegni insani.
Con altr’armi non sanno
le offese vendicar gli eroi troiani.
Enea. Leggi. La regal donna in questo foglio
la tua morte segnò di propria mano.
Se Enea fosse africano,
Iarba estinto saria. Prendi ed impara,
barbaro discortese,
come vendica Enea le proprie offese. (lacera il foglio e parte)
SCENA VI
Iarba solo.
Così strane venture io non intendo.
Pietá nel mio nemico,
infedeltá nel mio seguace io trovo.
Ah! forse a danno mio
l’uno e l’altro congiura.
Ma di lor non ho cura.
Pietá finga il rivale,
sia l’amico fallace:
non sará di timor Iarba capace.
Fosca nube il sol ricopra,
o si scopra il ciel sereno,
non si cangia il cor nel seno,
non si turba il mio pensier.
Le vicende della sorte
imparai con alma forte
dalle fasce a non temer. (parte)