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104 vii - artaserse


          Sulle sponde del torbido Lete,
     mentre aspetta riposo e vendetta
     freme l’ombra d’un padre e d’un re.
          Fiera in volto la miro, l’ascolto,
     che t’addita l’aperta ferita
     in quel seno che vita ti die’. (parte)

SCENA IV

Artaserse e Megabise.

Artaserse. Qual vittima si svena! Ah! Megabise...
Megabise. Sgombra le tue dubbiezze. Un colpo solo
punisce un empio e t’assicura il regno.
Artaserse. Ma potrebbe il mio sdegno
al mondo comparir desio d’impero.
Questo, questo pensiero
saria bastante a funestar la pace
di tutt’i giorni miei. No, no; si vada
il cenno a rivocar... (in atto di partire)
Megabise.  Signor, che fai?
È tempo, è tempo ormai
di rammentar le tue private offese.
Il barbaro germano
ad essere inumano
piú volte t’insegnò.
Artaserse.  Ma non degg’io
imitarlo ne’ falli. Il suo delitto
non giustifica il mio. Qual colpa al mondo
un esempio non ha? Nessuno è reo,
se basta a’ falli sui
per difesa portar l’esempio altrui.
Megabise. Ma ragion di natura
è il difender se stesso. Egli t’uccide,
se non l’uccidi.