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12 vi - semiramide
Scitalce. Perdonami, o Tamiri.

Se tu sapessi... Oh Dio!
Tamiri.   Parla.
Scitalce.   Se parlo,
piú confusa ti rendo.
Tamiri. O tutto mi palesa, o nulla intendo.
Scitalce.   Vorrei spiegar l’affanno,
     nasconderlo vorrei;
     e mentre i dubbi miei
     cosí crescendo vanno,
     tutto spiegar non oso,
     tutto non so tacer.
          Sollecito, dubbioso
     penso, rammento e vedo;
     e agli occhi miei non credo,
     non credo al mio pensier. (parte)


SCENA V

Tamiri, Mirteo ed Ircano.

Tamiri. Piú che ad ogni altro spiace

la dimora a Scitalce: ei pensa e tace.
Ircano. Non curar di quel folle:
godi di tua ventura,
che l’amor t’assicura oggi d’Ircano.
Non rispondi? Ne temi? Ecco la mano.
Mirteo. Che fai? Non ti rammenti
il comando reale?
Ircano.   E il re qual dritto
ha di frapporre a’ miei cortesi affetti
o limiti o dimore?
Tamiri. Che! Tu conosci amore? Il tuo piacere
è «domar, combattendo, uomini e fere».
Ircano. È ver; ma il tuo sembiante