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atto primo | 13 |
e curioso il guardo
piú dell’usato intorno a te s’arresta.
Tamiri. Gran sorte inver del mio sembiante è questa!
Che quel cor, quel ciglio altero
senta amor, goda in mirarmi,
non lo credo, non lo spero;
tu vuoi farmi insuperbir:
o pretendi, allor che torni
ai selvaggi tuoi soggiorni,
rammentar cosí per gioco
l’amoroso mio martír. (parte)
SCENA VI
Ircano e Mirteo.
va degli affetti miei. Misero amante!
Ti sento sospirar, ti veggo afflitto.
Cangia, cangia desio;
e per consiglio mio torna in Egitto.
Mirteo. Mi fai pietá. La tua fiducia insana,
il tuo rozzo parlar, con cui l’offendi,
ti rinfaccia Tamiri; e non l’intendi.
Ircano. Dunque in diversa guisa i loro affetti
qui trattano gli amanti? E quale è mai
questo vostro d’amor leggiadro stile?
Mirteo. Con lingua piú gentile
qui si parla d’amor; qui con rispetto
un bel volto si ammira;
si tace, si sospira,
si tollera, si pena,
l’amorosa catena
si soffre volentier, benché severa.