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varianti 217


Farnaspe. Ah! ritorna piú tosto

a scordarti di me. M’offende meno
la tua dimenticanza.
Emirena.   In che t’offendo,
se i merti tuoi, se i miei doveri accenno?
Farnaspe. Giusti dèi, qual freddezza! Io perdo il senno.
Adriano. Chi m’inganna di voi? Finge Emirena,
o simula Farnaspe? Esser mentito
dee l’amore o l’obblio.
Emirena. Chi t’inganna, io non son.
Farnaspe. (ad Adriano)  Dunque son io.
Emirena. (Oh tormento!)
Adriano.   Se fosse
rispetto, o principessa, il tuo ritegno,
abbandonalo pur. Del core altrui
non son tiranno. Ecco il tuo ben. Tel rendo,
se verace è l’affetto.
Emirena.   (Non ti credo.)
Farnaspe. Rispondi.
Emirena.   Io non l’accetto.
Adriano. Udisti? (a Farnaspe)
Farnaspe.   Ove son mai? Sogno? deliro?
Io mi sento morir.
Emirena.   (Questo è martíro!)
Farnaspe. Principessa, idol mio, che mai ti feci?
Son reo di qualche fallo?
Sei sdegnata con me? Dubiti forse
dell’amor mio verace?
Parla.
Emirena.   (Che posso dir?) Lasciami in pace.
Adriano. Disingánnati alfin. (a Farnaspe)
Farnaspe.   Dunque son queste
le tenere accoglienze?
i trasporti d’amor? Poveri affetti!
Sventurato Farnaspe!
Emirena infedel! Spiegami almeno
l’arte con cui di cosí lungo amore
imparasti a scordarti.
Emirena. Deh! per pietá, taci, Farnaspe, e parti.
Farnaspe. Che tirannia! T’ubbidirò, crudele, ecc.