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varianti 229


ATTO TERZO

SCENA I

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Aquilio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

ti crede seduttrice:
se ne querela e dice
che del trono offendesti
le sacre inviolabili ragioni;
che disturbi e scomponi
gli ordini suoi; che apprenderan, se resti,
tutti ad essergli infidi. E con tal arte
sa i tuoi falli ingrandir, che, a chi lo sente,
nel punirti cosí sembra clemente.
Sabina. Non può nome di colpa
un’opra meritar, se ree non sono
le cagioni, gli oggetti,
onde fu mossa, ov’è diretta. Io volli,
serbando la sua gloria, ecc.

SCENA III

Adriano. Aquilio, che ottenesti?

Aquilio. Nulla, signore. Ad ubbidirti inteso,
non trascurai ragione
per trattener Sabina. È risoluta,
e vuol partir. Per argomento adduce
che male al suo decoro
converrebbe il restar; che a te non deve
esser piú grave; e moderate a segno,
. . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Adriano.   No, non mi piace
questa soverchia pace. Andiamo a lei.
Aquilio. Perché? Cesare teme
d’una donna lo sdegno?
Adriano. No.
Aquilio.   La vuoi tua consorte?
Adriano. Oh Dio!