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258 ix - demetrio


sceglier mi lasci, o soffra

che da quel soglio, ove richiesta ascesi,
volontaria discenda. Almen, privata,
disporrò del cor mio. Volger gli affetti
almen potrò dove piú il genio inclina;
ed allor crederò d’esser regina.
          Se libera non sono,
     se ho da servir nel trono,
     non curo di regnar,
     l’impero io sdegno.
          A chi servendo impera,
     la servitude è vera,
     e finto il regno.
(parte Cleonice, seguita da Mitrane, dai grandi, dalle guardie e dal popolo)

SCENA IX

Fenicio, Olinto ed Alceste.

Fenicio. Cosí de’ tuoi trasporti

sempre arrossir degg’io? Né mai de’ saggi
il commercio, l’esempio
emendar ti fará?
Olinto.   Ma, padre, io soffro
ingiustizia da te. Potresti al soglio
innalzarmi, e m’opprimi.
Fenicio.   Avrebbe invero
la Siria un degno re: torbido, audace,
violento, inquieto...
Olinto.   Il caro Alceste
saria placido, umile,
generoso, prudente... Ah, chi d’un padre
gli affetti ad acquistar l’arte m’addita!
Fenicio. Vuoi gli affetti d’un padre? Alceste imita.