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264 | ix - demetrio |
sian per me que’ begli occhi,
arbitri del mio cor, del viver mio.
Guardami, parla.
Cleonice. (Ah! non resisto.) Addio. (parte)
SCENA XIV
Alceste e Barsene.
quel pallor, quei sospiri
mi fanno palpitar. Qual è, Barsene,
la cagion di sí strano
cangiamento improvviso? È invidia altrui?
E incostanza di lei?
È ingiustizia degli astri? È colpa mia?
Barsene. Le smanie del tuo core
mi fan pietá. Forse con altra amante
piú felice saresti.
Alceste. Ah! giunga prima
l’ultimo de’ miei giorni. Io voglio amarla
a prezzo ancor di non trovar mai pace;
ché piú soffrir mi piace
per la mia Cleonice ogni tormento,
che per mille bellezze esser contento.
Dal suo gentil sembiante
nacque il mio primo amore,
e l’amor mio costante
ha da morir con me.
Ogni beltá piú rara,
benché mi sia pietosa,
per me non è vezzosa,
vaga per me non è. (parte)