Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. II, 1913 – BEIC 1884499.pdf/278

Da Wikisource.
272 ix - demetrio


questo passo crudel, ch’ora t’affanna,

pende la gloria tua.
Cleonice.   Gloria tiranna!
Dunque per te degg’io
morir di pena, e rimaner per sempre
cosí d’ogni mio ben vedova e priva?
Legge crudel! t’appagherò. Si scriva.
  (va a scrivere al tavolino)
Barsene. (Par che m’arrida il fato:
non dispero d’Alceste.)
Cleonice. (scrivendo)  «Alceste amato»...
Barsene. (Lusingarmi potrò d’esser felice,
se la gloria resiste
fra i moti di quel cor pochi momenti.)
Cleonice. «E’ non vuole il destin farci contenti»... (scrivendo)
Barsene. (Cresce la mia speranza. Oh dèi! sospende
la man tremante e si ricopre il volto.
Ah! che ritorna ai primi affetti in preda.)
Cleonice. Povero Alceste mio! (parlando; poi torna a scrivere)
Barsene.   (Temo che ceda.
Io, nel caso di lei,
non so dir che farei.)
Cleonice. (scrivendo)  «Vivi, mio bene,
ma non per me». Giá terminai, Barsene.
Barsene. (Eccomi in porto!) Or giustamente al trono
un’anima sí grande il ciel destina.
Cleonice. Prendi, e tua cura sia... (volendole dare il foglio)

SCENA VI

Fenicio e detti.

Fenicio.   Pietá! regina.

Cleonice. Ma per chi?
Fenicio.   Per Alceste. Io l’incontrai
pallido, semivivo, e per l’affanno