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atto secondo 281


contenta i tuoi vassalli,

servi alla tua virtú, porta sul trono
la taccia d’infedele. Io tra le selve
porterò la memoria
viva nel cor della mia fé tradita,
se pure il mio dolor mi lascia in vita.
  (in atto di partire)
Cleonice. Deh! non partire ancor.
Alceste.   Del tuo decoro
troppo son io geloso. Un vil pastore
con piú lunga dimora avvilirebbe
il tuo grado real.
Cleonice.   Tu mi deridi,
ingrato Alceste!
Alceste.   Io sono
veramente l’ingrato! io t’abbandono!
Io sacrifico al fasto
la fede, i giuramenti,
le promesse, l’amor! Barbara! infida!
inumana! spergiura!
Cleonice.   Io dal tuo labbro
tutto voglio soffrir. S’altro ti resta,
sfògati pur. Ma, quando
sazio sei d’insultarmi, almen per poco
lascia ch’io parli.
Alceste.   In tua difesa, ingrata!
che dir potrai? D’infedeltá sí nera
la colpa ricoprir forse tu credi?
Cleonice. Non condannarmi ancor. M’ascolta e siedi.
Alceste. (Oh dèi, quanto si fida
nel suo poter!) (torna a sedere)
Cleonice.   Se ti ricordi, Alceste,
che per due lustri interi
fosti de’ miei pensieri
il piú dolce pensier, creder potrai
quanto barbara sia