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282 ix - demetrio


nel doverti lasciar la pena mia.

Ma, in faccia a tutto il mondo,
costretta Cleonice
ad eleggere un re, piú col suo core
consigliarsi non può; ma deve, oh Dio!
tutti sacrificar gli affetti sui
alla sua gloria ed alla pace altrui.
Alceste. Arbitra della scelta
non ti rese il Consiglio?
Cleonice.   È ver: potrei
dell’arbitrio abusar, condurti in trono;
ma credi tu che tanti
ingiustamente esclusi
ne soffrissero il torto? Insidie ascose,
aperti insulti e turbolenze interne
agiteriano il regno,
Alceste e me. La debolezza mia,
la tua giovane etade, i tuoi natali
sarian armi all’invidia. I nostri nom
sarian per l’Asia in mille bocche e mille
vil materia di riso. Ah! caro Alceste,
mentiscano i maligni. Altrui d’esempio
sia la nostra virtú. Quest’atto illustre
compatisca ed ammiri
il mondo spettator. Dagli occhi altrui
qualche lagrima esiga il caso acerbo
di due teneri amanti,
per la gloria capaci
di spezzar volontari i dolci nodi
di cosí giusto e cosí lungo amore.
Alceste. Perché, barbari dèi, farmi pastore!
Cleonice. Va’: cediamo al destin. Da me lontano
vivi felice; il tuo dolor consola.
Poco avrai da dolerti
ch’io ti viva infedele, anima mia.
Giá da questo momento