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324 x - issipile


Toante. E a chi di tanta cura

son debitor?
Learco.   Non mi conosci? Io... sono...
Deh! parti. Fra que’ rami
veggo giá lampeggiar l’armi rubelle.
Toante. Vi placherete mai, barbare stelle? (parte frettoloso)

SCENA X

Learco solo.

Oh, come il ciel seconda

l’ingegnoso amor mio! Timidi amanti,
imparate da me. Meschiar con arte
e la frode e l’ardire,
ottenere, rapire,
tutto è gloria per noi. Vincasi pure
per sorte o per ingegno:
sempre di lode il vincitore è degno.
          Ogni amante può dirsi guerriero,
     ché diversa da quella di Marte
     non è molto la scuola d’Amor.
          Quello adopra lusinghe ed inganni:
     questo inventa l’insidie, gli agguati;
     e si scorda gli affanni passati
     l’uno e l’altro quand’è vincitor. (entra nel bosco)

SCENA XI

Sala d’armi illuminata, con simulacro della Vendetta nel mezzo.

Issipile e Rodope.

Issipile. Sentimi. Non fuggirmi. (trattenendo Rodope)

Rodope.   Ho troppo orrore
della tua crudeltá. Soffrir non posso