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28 vi - semiramide
Tamiri.   Eh! taci. Intanto,

per degno premio al tuo cortese ardire,
l’offerta di mia mano
ricevi tu con piú giustizia, Ircano.
  (presenta la tazza ad Ircano)
Ircano. Io!
Tamiri.   Sì. Con questo dono
te destino al mio trono, all’amor mio.
Ircano. Sibari, che farò? (piano a Sibari)
Sibari.   Mi perdo anch’io. (piano ad Ircano)
Tamiri. Perché taci cosí? Forse tu ancora
vuoi ricusarmi?
Ircano.   No, non ti ricuso.
T’amo... Vorrei... Ma temo... (Io son confuso.)
Semiramide. Principe, tu non devi
un momento pensar: prendila e bevi.
Troppo il rispetto offendi
a Tamiri dovuto.
Mirteo. Ma parla.
Tamiri.   Ma risolvi.
Ircano.   Ho risoluto.
  (s’alza e prende la tazza)
Vada la tazza a terra! (getta la tazza)
Scitalce. E qual furore insano...
Ircano. Cosí riceve un tuo rifiuto Ircano.
Tamiri. Dunque ridotta io sono
a mendicar chi le mie nozze accetti?
Dunque per oltraggiarmi
in Assiria veniste? Il mio sembiante
è deforme a tal segno,
che a farlo tollerar non basta un regno?
Semiramide. È giusta l’ira tua.
Mirteo.   Dell’amor mio
dovresti, o principessa...
Tamiri. (s’alza e seco tutti)  Alcun d’amore
piú non mi parli. Io sono offesa, e voglio