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atto secondo 29
punito l’offensor: Scitalce mora.

Ei col primo rifiuto
il mio dono avvilí. Chi sua mi brama,
a lui trafigga il petto:
venga tinto di sangue, ed io l’accetto.
          Tu mi disprezzi, ingrato; (a Scitalce)
     ma non andarne altero:
     trema d’aver mirato,
     superbo! il mio rossor.
          Chi vuol di me l’impero,
     passi quel core indegno:
     voglio che sia lo sdegno
     foriero dell’amor. (parte)


SCENA III

Semiramide, Scitalce, Mirteo, Ircano e Sibari.

Semiramide. (Il mio bene è in periglio

per essermi fedel.)
Ircano.   Scitalce, andiamo:
all’offesa Tamiri
il dono offrir della tua testa io voglio.
Scitalce. Vengo; e di tanto orgoglio
arrossir ti farò. (in atto di partire con Ircano)
Semiramide.   (Stelle, che fia!)
Mirteo. Arrestatevi, olá! l’impresa è mia.
Ircano. Io primiero al cimento
chiamai Scitalce.
Mirteo.   Io difensor piú giusto
son di Tamiri.
Ircano.   Ella di te non cura,
né mai ti scelse.
Mirteo.   Ella ti sdegna, offesa
dal tuo rifiuto.