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349 atto terzo


de’ giorni tuoi: soffrilo in pace. Il mondo

varia cosí le sue vicende; e sempre
all’evento felice il reo succede.
Or tocca a te di domandar mercede.
Toante. Scellerato!
Learco.   Toante,
cambia linguaggio. Un grande esempio avesti
di prudenza da me. Supplice, umíle
parlai finora. È l’adattarsi al tempo
necessaria virtú. Pendon quell’armi
dal mio cenno; e poss’io...
Toante.   Che puoi tu farmi?
Puoi togliermi l’avanzo
d’una vita cadente,
che mi rese molesta
degli anni il peso e degli affanni miei.
Learco. Anch’io dissi cosí, ma nol credei.
Toante. V’è però gran distanza
dal mio core al tuo cor.
Learco.   Fole son queste.
Ogni animal, che vive,
ama di conservarsi. Arte, che inganna
solo il credulo volgo, è la fermezza
che affettano gli eroi ne’ casi estremi.
Io ti leggo nell’alma, e so che tremi.
Toante. Tremerei, se credessi
d’esser simile a te; ché avrei sugli occhi
l’orror di mille colpe, e mi parrebbe
sempre ascoltar che mi stridesse intorno
il fulmine di Giove,
punitor de’ malvagi.
Learco.   A questo segno
non è l’ira celeste
terribile per me.
Toante.   Fole son queste.
Tranquillo esser non puoi.