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atto terzo 55
principe, i casi miei vedi che sono: (ad Ircano)

sia maggior d’ogni esempio anche il perdono.
Coro.   Donna illustre, il ciel destina
     a te regni, imperi a te.
          Viva lieta, e sia regina
     chi finor fu nostro re.

Nel tempo del coro che termina l’opera, del suo ritornello e della sinfonia che precede la Licenza, tutta la scena si ricopre di dense nuvole; le quali, diradandosi poi a poco a poco, scopron nell’alto la luminosa reggia di Giove sulle cime dell’Olimpo, ed una porzione d’arcobaleno, che si perde nel basso fra le nuvole, che circondan sempre le scoscese falde del monte. Si vede Giove assiso nel suo trono, nel piú distinto luogo della reggia: all’intorno e sotto di lui Giunone, Venere, Pallade, Apollo, Marte, Mercurio, e la schiera degli dèi minori e de’ geni celesti, e la dea Iride a’ suoi piedi in atto di riceverne un comando. Questa (quando giá sia la scena al suo punto), levandosi rispettosamente, va a sedere in un leggiero carro tirato da pavoni, e giá innanzi preparato sull’alto dell’arcobaleno; e, servendole di strada l’arco medesimo, scende velocemente al basso, dove, smontata dal carro, corteggiata da’ geni celesti, si avanza a pronunciare la seguente

Licenza

Il giubbilo festivo

di questo giorno, a cui
sí gran parte del mondo è debitrice
di sua felicitá, non è ristretto
fra gli angusti confini, o gran Fernando,
della terra e del mar. Lá su l’Olimpo
lo risenton gli dèi; ne è Giove a parte;
e dall’eccelsa sfera, ov’ei risplende,
Iride messaggiera a te ne scende.
Ed è ragion: Giove in Fernando onora
un’immagine sua. Padre ei de’ numi;
tu il sei di tanti regni: astro funesto
il suo seren non turba; e il tuo sereno
a turbar le sventure atte non sono.