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86 vi - semiramide
Semiramide. Sentimi per pietá. Se mel concedi,

che mai ti può costar?
Scitalce. (partendo)  Piú che non credi.
Semiramide. Odi un momento, e poi
vanne pur, dove vuoi, libero e sciolto.
Scitalce. Via! per l’ultima volta ora t’ascolto.
Semiramide. (Quanto è crudel!) Se la tua man mi porgi,

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
saran bastanti a conservarmi il trono.

Oh! sarei pur felice,
quando giungessi a terminar la vita
con l’idol mio, col mio Scitalce unita.
Che risolvi? Che dici?
Parla, ch’io giá parlai.
Scitalce.   Rendimi il brando,
s’altro a dir non ti resta.
Semiramide. Cosí rispondi? E qual favella è questa?
Meglio si spieghi il labbro,
né al mio pensiero il tuo pensier nasconda.
Scitalce. Ma che vuoi ch’io risponda?
Che brami udir? Ch’una spergiura, un’empia,
ch’una perfida sei? Che invan con questi
simulati pretesti
mi pretendi ingannar? Ch’io non ti credo?
Che, pria d’esserti sposo, esser vorrei
sempre in ira agli dèi,
dal suol sepolto, o incenerito adesso?
Lo sai, né giova il replicar l’istesso.
Semiramide. E questa è la mercede, ecc.


SCENA VIII [V]

Scitalce, poi Tamiri.

Scitalce. E può con tanto fasto

simular fedeltá? Sogno o son desto?
Io non m’inganno: è questo
pur di Sibari il foglio. «Amico Idreno,
ad altro amante in seno