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varianti 89
Ircano. La morte io ricusai,

non la sua destra. Avvelenato il nappo
Sibari aveva; io non mancai di fede.
Sibari. Mentitor, chi non vede
che m’incolpi cosí, perché Tamiri
non ti lasciai rapir? Folle vendetta,
menzogna pueril!
Ircano.   Come! (M’avvampa
di rabbia il cor.) Di rapir lei non ebbi
il consiglio da te, da te l’aita?
Tu sei...
Semiramide.   Troppo m’irríta
la tua perfidia. A contrastarti il passo
non lo vide Mirteo? Di tue menzogne
arrossisci una volta.
Ircano.   Il mio disegno
solo a punir costui...
Semiramide. Eh! taci, indegno: io te conosco e lui:
Ircano è il menzognero,
è Sibari il fedel.
Ircano.   No, non è vero:
ei sa meglio ingannarti.
Semiramide. Tu vorresti ingannarmi. O taci o parti.
Ircano.   Di rabbia, di sdegno
     mi sento morire.
     Tacere o partire!
     Partire o tacer!
          Ah! lasciami pria
     punir quell’indegno...
Semiramide. Non piú; si dia della battaglia il segno.


SCENA XIII [ultima]

Mirteo, Scitalce e detti.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Semiramide. (Spettacolo funesto agli occhi miei!)

Ircano. (Io non parlo, e m’adiro.)
(due capitani delle guardie presentano l'armi a Scitalce e a Mirteo, e si ritirano appresso i cancelli)