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atto secondo 107


il povero Timante. Egli si perde

per desio di salvarmi. In te ritrovi,
se i prieghi di chi muor vani non sono,
disperato, assistenza, e, reo, perdono.
Creusa. E tu, a morir vicina,
come puoi pensar tanto al suo riposo?
Dircea. Oh Dio! piú non cercar. Sará tuo sposo.
          Se tutti i mali miei
     io ti potessi dir,
     divider ti farei
     per tenerezza il cor.
          In questo amaro passo
     sí giusto è il mio martír,
     che, se tu fossi un sasso,
     ne piangeresti ancor.
(parte fra le guardie ed i ministri, che la guidano al tempio)

SCENA VII

Creusa e poi Cherinto.

Creusa. Che incanto è la beltá! Se tale effetto

fa costei nel mio cor, degno di scusa
è Timante, che l’ama. Appena il pianto
io potei trattener. Questi infelici
s’aman davvero. E la cagion son io
di sí fiera tragedia? Ah! no: si trovi
qualche via d’evitarla. Appunto ho d’uopo
di te, Cherinto.
Cherinto.   Il mio germano esangue
domandar mi vorrai.
Creusa.   No: quella brama
con l’ira nacque e s’ammorzò con l’ira.
Or desio di salvarlo. Al sacrifizio
giá Dircea s’incammina;