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110 xii - demofoonte


Timante.   Eh! no, Dircea,

non ti smarrir. Dalle mie vene uscito
questo sangue non è: dal seno altrui
lo trasse il mio furor.
Dircea.   Ma guarda...
Timante.   Ah! sposa,
non piú dubbi: fuggiamo. (la prende per mano)
Dircea.   E Olinto? e il figlio?
dove resta? senz’esso
vogliam partir?
Timante.   Ritornerò per lui,
quando in salvo sarai. (partendo alla sinistra)
Dircea.   Férmati! Io veggo
tornar per questa parte
i custodi reali.
Timante.   È ver; fuggiamo (verso la destra)
dunque per l’altra via. Ma quindi ancora
stuol d’armati s’avanza.
Dircea.   Aimè!
Timante. (guardando intorno)  Gli amici
tutti m’abbandonâr.
Dircea.   Miseri noi!
or che farem?
Timante.   Col ferro
una via t’aprirò. Sieguimi!
(lascia Dircea e, colla spada alla mano, s’incammina alla sinistra)

SCENA X

Demofoonte, dal destro lato, con ispada alla mano;
guardie per tutte le parti, e detti.

Demofoonte.   Indegno!

non fuggirmi! t’arresta!
Timante.   Ah! padre, ah! dove
vieni ancor tu?