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146 | xiii - la clemenza di tito |
SCENA V
Innanzi, atrio del tempio di Giove Statore, luogo giá celebre per le adunanze del senato; indietro, parte del fòro romano, magnificamente adornato d’archi, obelischi e trofei; da’ lati, veduta in lontano del monte Palatino e d’un gran tratto della via Sacra; in faccia, aspetto esteriore del Campidoglio, e magnifica strada per cui vi si ascende.
Nell’atrio suddetto saranno Publio, i senatori romani e i legati delle province soggette, destinati a presentare al senato gli annui imposti tributi. Mentre Tito, preceduto da’ littori, seguito da’ pretoriani, accompagnato da Sesto e da Annio, e circondato da numeroso popolo, scende dal Campidoglio, cantasi il seguente
della romana sorte,
in Tito, il giusto, il forte,
l’onor di nostra etá.
Voi gl’immortali allori
su la cesarea chioma,
voi custodite a Roma
la sua felicitá.
Fu vostro un sí gran dono;
sia lungo il dono vostro;
l’invidi al mondo nostro
il mondo che verrá.
Sulla fine del coro suddetto giunge Tito nell’atrio, e nel tempo medesimo Annio e Sesto da diverse parti.
oggi appella il senato; e mai piú giusto
non fu ne’ suoi decreti, o invitto Augusto.
Annio. Né padre sol, ma sei
suo nume tutelar. Piú che mortale
giacché altrui ti dimostri, a’ voti altrui
comincia ad avvezzarti. Eccelso tempio