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150 | xiii - la clemenza di tito |
tu ancor nel soglio, e tanto
t’innalzerò, che resterá ben poco
dello spazio infinito,
che frapposer gli dèi fra Sesto e Tito.
Sesto. Questo è troppo, o signor. Modera almeno,
se ingrati non ci vuoi,
modera, Augusto, i benefizi tuoi.
Tito. Ma che! se mi negate
che benefico io sia, che mi lasciate?
Del piú sublime soglio
l’unico frutto è questo:
tutto è tormento il resto,
e tutto è servitú.
Che avrei, se ancor perdessi
le sole ore felici
che ho nel giovar gli oppressi,
nel sollevar gli amici,
nel dispensar tesori
al merto e alla virtú? (parte)
SCENA VI
Annio e poi Servilia.
era questo il dover. Se a lei, che adoro,
per non esserne privo,
tolto l’impero avessi, amato avrei
il mio piacer, non lei. Mio cor, deponi
le tenerezze antiche. È tua sovrana
chi fu l’idolo tuo. Cambiar conviene
in rispetto l’amore. Eccola. Oh dèi!
mai non parve sí bella agli occhi miei.