Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. III, 1914 – BEIC 1885240.pdf/167

Da Wikisource.


ATTO SECONDO

SCENA I

Portici.

Sesto solo, col distintivo de’ congiurati sul manto.

Oh dèi, che smania è questa!

che tumulto ho nel cor! Palpito, agghiaccio:
m’incammino, m’arresto: ogni aura, ogni ombra
mi fa tremare. Io non credea che fosse
sí difficile impresa esser malvagio.
Ma compirla convien. Giá per mio cenno
Lentulo corre al Campidoglio. Io deggio
Tito assalir. Nel precipizio orrendo
è scorso il piè. Necessitá divenne
ormai la mia ruina. Almen si vada
con valore a perir. Valore? E come
può averne un traditor? Sesto infelice,
tu traditor! Che orribil nome! E pure
t’affretti a meritarlo. E chi tradisci?
il piú grande, il piú giusto, il piú clemente
principe della terra, a cui tu devi
quanto puoi, quanto sei. Bella mercede
gli rendi invero! Ei t’innalzò per farti
il carnefice suo. M’inghiotta il suolo
prima ch’io tal divenga. Ah! non ho core,
Vitellia, a secondar gli sdegni tui:
morrei, prima del colpo, in faccia a lui.