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atto secondo 163


Servilia.   E perché mai

cosí presto mi lasci?
Publio.   Annio, che fai?
Roma tutta è in tumulto, il Campidoglio
vasto incendio divora; e tu frattanto
puoi star senza rossore
tranquillamente a ragionar d’amore?
Servilia. Numi!
Annio.   (Or di Sesto i detti
piú mi fanno tremar. Cerchisi...) (in atto di partire)
Servilia.   E puoi
abbandonarmi in tal periglio?
Annio.   (Oh Dio!
fra l’amico e la sposa
divider mi vorrei.) Prendine cura,
Publio, per me. Di tutti i giorni miei
l’unico ben ti raccomando in lei. (parte frettoloso)

SCENA IV

Servilia e Publio.

Servilia. Publio, che inaspettato

accidente funesto!
Publio.   Ah, voglia il cielo
che un’opra sia del caso, e che non abbia
forse piú reo disegno
chi destò quelle fiamme!
Servilia.   Ah! tu mi fai
tutto il sangue gelar.
Publio.   Torna, o Servilia,
a’ tuoi soggiorni e non temer. Ti lascio
quei custodi in difesa, e corro intanto
di Vitellia a cercar. Tito m’impone
d’aver cura d’entrambe.