Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
atto secondo | 165 |
d’ogni affanno maggior; questo è soffrire
la pena del morir senza morire.
Almen, se non poss’io
seguir l’amato bene,
affetti del cor mio,
seguitelo per me.
Giá sempre a lui vicino
raccolti Amor vi tiene,
e insolito cammino
questo per voi non è. (parte)
SCENA VI
Vitellia e poi Sesto
Sesto dov’è? Misera me! Per tutto
ne chiedo invano, invan lo cerco. Almeno
Tito trovar potessi!
Sesto. (senza veder Vitellia) Ove m’ascondo!
dove fuggo, infelice!
Vitellia. Ah, Sesto! ah, senti!
Sesto. Crudel, sarai contenta. Ecco adempito
il tuo fiero comando.
Vitellia. Aimè! che dici?
Sesto. Giá Tito... oh Dio! giá dal trafitto seno
versa l’anima grande.
Vitellia. Ah, che facesti!
Sesto. No, nol fec’io, ché, dell’error pentito,
a salvarlo correa; ma giunsi appunto
che un traditor del congiurato stuolo
da tergo lo feria. — Ferma! — gridai;
ma il colpo era vibrato. Il ferro indegno
lascia colui nella ferita e fugge.