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168 xiii - la clemenza di tito


Annio.   Ferma! che dici?

Tito chiede vederti. Al fianco suo
stupisce che non sei, che l’abbandoni
in periglio sí grande.
Sesto.   Io!... Come?... E Tito
nel colpo non spirò?
Annio.   Qual colpo? Ei torna
illeso dal tumulto.
Sesto.   Eh! tu m’inganni:
io stesso lo mirai cader trafitto
da scellerato acciaro.
Annio. Dove?
Sesto.   Nel varco angusto, ove si ascende
quinci presso al Tarpeo.
Annio.   No, travedesti:
tra il fumo e fra il tumulto,
altri Tito ti parve.
Sesto.   Altri? E chi mai
delle cesaree vesti
ardirebbe adornarsi? Il sacro alloro,
l’augusto ammanto...
Annio.   Ogni argomento è vano:
vive Tito ed è illeso. In questo istante
io da lui mi divido.
Sesto.   Oh dèi pietosi!
oh caro prence! oh dolce amico! Ah! lascia
che a questo sen... Ma non m’inganni?
Annio.   Io merto
sí poca fé! Dunque tu stesso a lui
corri e ’l vedrai.
Sesto.   Ch’io mi presenti a Tito
dopo averlo tradito?
Annio. Tu lo tradisti?
Sesto.   Io del tumulto, io sono
il primo autor.
Annio.   Come! Perché?