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ATTO TERZO

SCENA I

Camera chiusa con porte, sedia e tavolino, con sopra da scrivere.

Tito e Publio.

Publio. Giá de’ pubblici giuochi,

signor, l’ora trascorre. Il dí solenne
sai che non soffre il trascurarli. È tutto
colá, d’intorno alla festiva arena,
il popolo raccolto, e non si attende
che la presenza tua. Ciascun sospira,
dopo il noto periglio,
di rivederti salvo. Alla tua Roma
non differir sí bel contento.
Tito.   Andremo,
Publio, fra poco. Io non avrei riposo,
se di Sesto il destino
pria non sapessi. Avrá il senato ormai
le sue discolpe udite; avrá scoperto,
vedrai, ch’egli è innocente; e non dovrebbe
tardar molto l’avviso.
Publio.   Ah! troppo chiaro
Lentulo favellò.
Tito.   Lentulo forse
cerca al fallo un compagno,
per averlo al perdono. Ei non ignora
quanto Sesto m’è caro. Arte comune