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210 xiv - achille in sciro


che da que’ legni uscí, d’armati e d’armi

mostra che vengan gravi.
Deidamia. (piano a Nearco)  (Oh, come in volto
giá tutto avvampa! Usar conviene ogni arte
per trarlo altrove.)
Nearco.   E non partite?
Achille.   Or ora,
principessa, verrò. Que’ legni in porto
bramo veder.
Deidamia. (turbata)  Come! ch’io parta e lasci
te in periglio sí grande? Ah! tu, lo vedo,
ne saresti capace, e dal tuo core
misuri il mio. So giá, crudele...
Achille.   Andiamo!
non ti sdegnar. Con un tuo sguardo irato
mi fai morir.
Deidamia.   No, non è vero, ingrato!
          No, ingrato! amor non senti;
     o, se pur senti amor,
     perder non vuoi del cor
     per me la pace.
          Ami, se tel rammenti;
     e puoi senza penar
     amare e disamar,
     quando ti piace.

Deidamia parte. Achille s’incammina appresso a Deidamia; ma, giunto alla scena, si volge e s’arresta di nuovo a mirar le navi, giá avvicinate a tal segno, che sulla sponda di una d’esse possa distinguersi un guerriero.

SCENA III

Nearco e di nuovo Achille.

Nearco. Di pacifiche ulive (guardando il porto)

han le prore adornate! Amiche navi
queste dunque saran.