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16 xi - olimpiade
ascoltarlo una volta. Ei disperato

da me partí; più nol rividi; e in questo
punto da te so de’ suoi casi il resto.
Argene. Inver sembrano i nostri
favolosi accidenti.
Aristea.   Ah! s’ei sapesse
ch’oggi per me qui si combatte.
Argene.   In Creta
a lui voli un tuo servo; e tu procura
la pugna differir.
Aristea.   Come?
Argene.   Clistene
è pur tuo padre; ei qui presiede eletto
arbitro delle cose: ei può, se vuole.
Aristea. Ma non vorrà.
Argene.   Che nuoce,
principessa, il tentarlo?
Aristea.   E ben! Clistene
vadasi a ritrovar. (s’alzano)
Argene.   Férmati! ei viene.

SCENA V

Clistene con séguito, e dette.

Clistene. Figlia, tutto è compito. I nomi accolti,

le vittime svenate; al gran cimento
l’ora è prescritta; e più la pugna ormai,
senza offesa de’ numi,
della pubblica fé, dell’onor mio,
differir non si può.
Aristea.   (Speranze, addio!)
Clistene. Ragion d’esser superba
io ti darei, se ti dicessi tutti