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atto primo 223


          Il farti piú soffrir

     sarebbe crudeltá:
     restino in libertá
     gli affetti tuoi. (parte)

SCENA XIV

Achille, Deidamia e Teagene.

Achille. (Ah, se altre spoglie avessi!)

Teagene.   Or che siam soli,
principessa gentil, soffri ch’io spieghi
l’ardor di questo sen; soffri ch’io dica...
Deidamia. Non parlarmi d’amor: ne son nemica.
               Del sen gli ardori
          nessun mi vanti;
          non soffro amori,
          non voglio amanti:
          troppo mi è cara
          la libertá.
               Se fosse ognuno
          cosí sincero,
          meno importuno
          parrebbe il vero;
          saria piú rara
          l’infedeltá.
  (parte con Achille, il quale si ferma nell’entrare)
Teagene. Giusti numi, e in tal guisa
Deidamia m’accoglie! In che son reo?
che fu? Seguasi. (vuol seguire Deidamia)
Achille. (arrestandolo)  Ferma! ove t’affretti?
Teagene. A Deidamia appresso:
raggiungerla desio.
Achille. (risoluto)  Non è permesso!
Teagene. Chi può vietarlo?