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Achille.   Io!

Teagene.   Tu?
Achille.   Sì: né giammai,
sappilo, io parlo invano. (parte lentamente)
Teagene. (Delle ninfe di Sciro il genio è strano.
E pur quella fierezza
ha un non so che, che piace.) Odi. Ma dimmi
almen perché.
Achille.   Dissi abbastanza. (partendo lentamente)
Teagene.   E credi
che di te sola io tema?
credi bastar tu sola?
Achille. (con aria feroce)  Io basto, e trema!
Teagene. (Quell’ardir m’innamora.)
Deidamia. (Ah! mancator, non sei contento ancora?)

(nell’atto che Achille si rivolge per partire, incontra sulla scena Deidamia, che gli dice sdegnata il verso suddetto lo lascia confuso)

Achille. (Misero! È ver, trascorsi.)

Teagene.   Ascolta: io voglio,
bella ninfa, ubbidirti; e per mercede
bramo sol de’ tuoi sdegni
l’origine saper. Di’... Ma... Sospiri!
mi guardi! ti confondi!
Qual cambiamento è il tuo? Parla! rispondi!
Achille.   Risponderti vorrei;
     ma gela il labbro e tace:
     lo rese amor loquace;
     muto lo rende amor:
          amor, che a suo talento
     rende un imbelle audace,
     e abbatte in un momento,
     quando gli piace, un cor. (parte)