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atto secondo 235


Licomede. Fumin le tazze intorno

di cretense liquor.
Deidamia.   Pirra, lo sai:
se di tua man non viene,
l’ambrosia degli dèi
vil bevanda parrebbe a’ labbri miei.
Achille. Ubbidisco. Ah! da questa
ubbidienza mia
vedi se fido sia di Pirra il core.
Teagene. (Che strano affetto!) (guardando Deidamia ed Achille)
Achille. (nell’andar a prender la tazza) (Oh tirannia d’amore!)
Licomede. Quando da’ greci lidi i vostri legni
l’áncora scioglieranno? (ad Ulisse)
Ulisse.   Al mio ritorno.
Teagene. Son giá tutti raccolti?
Ulisse.   Altro non manca
che il soccorso di Sciro.
Licomede.   Oh, qual mi toglie
spettacolo sublime
la mia canuta etá!

Un paggio porge la tazza ad Achille: egli, nel prenderla resta attonito ad ascoltare il discorso artifizioso di Ulisse.

Ulisse.   (Non si trascuri

l’opportuno momento.) È di te degna,
gran re, la brama. Ove mirar piú mai
tant’armi, tanti duci,
tante squadre guerriere,
tende, navi, cavalli, aste e bandiere?
Tutta Europa v’accorre. Ormai son vuote
le selve e le cittá. Da’ padri istessi,
da’ vecchi padri invidiata e spinta,
la gioventú proterva
corre all’armi fremendo. (Arcade, osserva.)
Deidamia. Pirra!
Achille.   È ver. (si riscuote, prende la tazza, s’incammina, poi torna a fermarsi)