Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. III, 1914 – BEIC 1885240.pdf/242

Da Wikisource.
236 xiv - achille in sciro


Ulisse.   Chi d’onore

sente stimoli in sen, chi sa che sia
desio di gloria, or non rimane. Appena
restano, e quasi a forza,
le vergini, le spose; e alcun, che dura
necessitá trattien, col ciel s’adira,
come tutti gli dèi l’abbiano in ira.
Deidamia. Ma Pirra!
Achille.   Eccomi. (va colla tazza a Deidamia)
Deidamia. (piano ad Achille, nel prendere la tazza)
  (Ingrato!
questi di poco amor segni non sono?)
Achille. (Non ti sdegnar, bell’idol mio: perdono!)
Licomede. Olá! rechisi a Pirra
l’usata cetra. A lei, Deidamia, imponi
che alle corde sonore
la voce unisca e la maestra mano:
tutto fará per te.
Deidamia.   Pirra, se m’ami,
seconda il genitore.
Achille. Tu il vuoi? Si faccia. (Oh tirannia d’amore!)

Un paggio gli presenta la cetra: altri pongono un sedile da un de’ lati, a vista della mensa.

Teagene. (Tanto amor non comprendo.)

Ulisse. (Arcade, adesso è tempo: intendi?) (piano ad Arcade)
Arcade. (piano ad Ulisse)  (Intendo.) (parte)
Achille. (canta, accompagnandosi con la lira)
               Se un core annodi,
          se un’alma accendi,
          che non pretendi,
          tiranno Amor?
               Vuoi che al potere
          delle tue frodi
          ceda il sapere,
          ceda il valor.