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252 xiv - achille in sciro


Achille.   Io Pirra! Oh dèi!

La gonna a me! (ad Ulisse)
Ulisse.   No? D’animo virile
desti gran prova inver. Non sei capace
di vincere un affetto.
Achille.   Ah! meglio impara
a conoscere Achille. Andiam! (risoluto)
Deidamia.   Mi lasci?
Achille. Sí!
Deidamia.   Come!
Achille.   All’onor mio
è funesto il restar; Deidamia, addio.

Achille parte risoluto ed ascende il ponte della nave, dove poi s’arresta. Ulisse ed Arcade il van seguendo: Deidamia rimane alcun tempo immobile.

Arcade. (Senti lo sprone.)

Ulisse.   (E pur non son sicuro.)
Deidamia. Ah, perfido! ah, spergiuro!
barbaro! traditor! Parti? E son questi
gli ultimi tuoi congedi? Ove s’intese
tirannia piú crudel! Va’, scellerato!
va’ pur, fuggi da me: l’ira de’ numi
non fuggirai. Se v’è giustizia in cielo,
se v’è pietá, congiureranno a gara
tutti, tutti a punirti. Ombra seguace,
presente ovunque sei,
vedrò le mie vendette. Io giá le godo
immaginando; i fulmini ti veggo
giá balenar d’intorno... Ah! no, fermate,
vindici dèi. Di tanto error se alcuno
forza è che paghi il fio,
risparmiate quel cor; ferite il mio.
S’egli ha un’alma sí fiera,
s’ei non è piú qual era, io son qual fui:
per lui vivea; voglio morir per lui.
  (sviene sopra un sasso)