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atto terzo 255


SCENA V

Deidamia e Nearco.

Deidamia. Nearco, io tremo: ah! mi consola.

Nearco.   E come
consolarti poss’io, se son piú oppresso,
piú confuso di te?
Deidamia.   Numi clementi,
se puri, se innocenti
furon gli affetti miei, voi dissipate
questo nembo crudel: voi gl’inspiraste;
proteggeteli voi. Se colpa è amore,
sí, lo confesso, errai;
ma grande è la mia scusa: Achille amai.
          Chi può dir che rea son io,
     guardi in volto all’idol mio,
     e le scuse del mio core
     da quel volto intenderá:
          da quel volto, in cui ripose,
     fausto il ciel, benigno Amore,
     tante cifre luminose
     di valore e di beltá. (parte)

SCENA VI

Nearco solo.

Di tue cure felici

or va’, Nearco, insuperbisci. A Teti
di’ che il feroce Achille
sapesti moderar. Vanta gli scaltri
lusinghieri discorsi; ostenta i molli