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atto terzo 261


che il moto, ond’arde e splende

face a face congiunta, acquista e rende.
Ah! mentre il fuoco mio,
se alimento ha da te, tanto prevale
tuo seguace son io, non tuo rivale.
Il Tempo. Né me, dea degli eroi,
tuo nemico chiamar. Come oscurarti
dopo un tale imeneo? Su’ grandi esempi
e di Carlo e d’Elisa i regi sposi
formâr se stessi. Or che gli accoppia il cielo
propagheran ne’ figli
le cesaree virtú. Qual ombra opporre
a tanto lume? Ah! non lo bramo: altèro
son d’esser vinto. A’ secoli venturi
dian nome i grandi eredi. Io della loro
inestinguibil lode
farò tesoro e ne sarò custode.
La Gloria. Giunse dunque una volta il dí felice,
di cui tanto nel cielo
si ragionò? che le speranze accoglie
di tanti regni, e che precorso arriva
da tanti voti? Oh lieto dí! Corriamo,
amici dèi, della festiva reggia
ad accrescer la pompa. Unir conviene
a pro de’ chiari sposi
tutte le nostre cure.
Amore.   Al nobil fuoco,
che in lor destai, somministrar vogl’io
sempre nuovo alimento.
Il Tempo.   Io de’ lor anni
lunghissimo e tranquillo
il corso reggerò.
Amore.   Per me d’eroi
il talamo reale
sará fecondo.
Il Tempo.   Io serberò gli esempi