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308 xv - ciro riconosciuto


Ciro. Sí.

Mandane.   Va’: mi è noto. (Ah! traditor, sei còlto.)
Ciro. Deh! non tardar.
Mandane. (con ira)  Parti una volta.
Ciro.   Oh Dio!
perché quel fiero sguardo?
Mandane.   Io fingo, il sai:
temo che alcun ne osservi.
Ciro.   È ver; ma come
puoi trasformarti a questo segno?
Mandane.   Oh, quanta
violenza io mi fo! Se tu potessi
vedermi il cor... Sento morirmi; avvampo
d’insoffribil desio; vorrei mirarti.
Vorrei di giá... (Non so frenarmi.) Ah! parti.
Ciro.   Parto; non ti sdegnar.
     Sí, madre mia, da te
     gli affetti a moderar
     quest’alma impara.
          Gran colpa alfin non è,
     se mal frenar si può
     un figlio che perdé,
     un figlio che trovò
     madre sí cara. (parte)

SCENA XI

Mandane, poi Arpalice.

Mandane. Che dolcezza fallace!

che voci insidiose! A poco a poco
cominciava a sedurmi. Un inquieto
senso, partendo, ei mi lasciò nell’alma,
che non è tutto sdegno. Affatto priva
non sono alfin d’umanitá. Mi mosse