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330 xv - ciro riconosciuto


Arpago. Cadi! (in atto di ferire)

Cambise.   Mori, crudel! (come sopra)
Ciro.   Ferma! (trattenendo Arpago)
Mandane. (trattenendo Cambise)  T’arresta.
Arpalice. (Che avvenne?)
Mitridate.   (Che sará?)
Mandane.   Rifletti, o sposo...
Ciro. Arpago, pensa...
Cambise. (a Mandane)  È un barbaro.
Mandane.   È mio padre.
Arpago. È un tiranno. (a Ciro)
Ciro.   È il tuo re.
Cambise.   Punirlo io voglio.
Arpago. Vendicarmi desio.
Mandane. Non fia ver.
Ciro.   Non sperarlo.
Astiage.   Ove son io!
Arpago. Popoli, ardir! L’esempio mio seguite;
si opprima l’oppressor.
Ciro.   Popoli, udite!
Qual impeto ribelle,
qual furor vi trasporta? Ove s’intese
che divenga il vassallo
giudice del suo re? Giudizio indegno,
in cui molto del reo
il giudice è peggiore. Odiate in lui
un parricidio, e l’imitate. Ei forse
tentollo sol; voi l’eseguite. Un dritto,
che avea sul sangue mio,
forse Astiage abusò; voi, quel che han solo
gli dèi sopra i regnanti,
pretendete usurpar. M’offrite un trono,
calpestandone prima
la maestá. Questo è l’amor? son questi
gli auspizi del mio regno? Ah! ritornate,
ritornate innocenti. A terra, a terra