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30 xi - olimpiade


SCENA IV

Argene e poi Aminta.

Argene. E trovar non poss’io

né pietá né soccorso?
Aminta. (a parte nell’uscire)  (Eterni dèi!
parmi Argene colei.)
Argene.   Vendetta almeno,
vendetta si procuri. (vuol partire)
Aminta.   Argene, e come
tu in Elide! tu sola!
tu in sí ruvide spoglie!
Argene.   I neri inganni
a secondar del prence
dunque ancor tu venisti? A saggio invero
regolator commise il re di Creta
di Licida la cura. Ecco i bei frutti
di tue dottrine. Hai gran ragione, Aminta,
d’andarne altier. Chi vuol sapere appieno
se fu attento il cultor, guardi il terreno.
Aminta. (Tutto giá sa.) Non da’ consigli miei...
Argene. Basta... Chi sa? nel cielo
v’è giustizia per tutti, e si ritrova
talvolta anche nel mondo. Io chiederolla
agli uomini, agli dèi. S’ei non ha fede,
ritegni io non avrò. Vuo’ che Clistene,
vuo’ che la Grecia, il mondo
sappia ch’è un traditore, acciò per tutto
questa infamia lo siegua; acciò che ognuno
l’abborrisca, l’eviti,
e con orrore, a chi nol sa, l’addíti.
Aminta. Non son questi pensieri
degni d’Argene. Un consigliero infido,