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atto secondo 33


Tutto il coro.   No, tanto merito,

     tanto valore
     l’ombra de’ secoli
     coprir non può.
Clistene. Giovane valoroso,
che in mezzo a tanta gloria umil ti stai,
quell’onorata fronte
lascia ch’io baci e che ti stringa al seno.
Felice il re di Creta,
che un tal figlio sortí! Se avessi anch’io
serbato il mio Filinto,
chi sa, sarebbe tal. (ad Alcandro) Rammenti, Alcandro,
con qual dolor tel consegnai? Ma pure...
Alcandro. Tempo or non è di rammentar sventure. (a Clistene)
Clistene. (È ver.) (a Megacle) Premio Aristea
sará del tuo valor. S’altro donarti
Clistene può, chiedilo pur, ché mai
quanto dar ti vorrei non chiederai.
Megacle. (Coraggio, o mia virtú!) Signor, son figlio,
e di tenero padre. Ogni contento,
che con lui non divido,
è insipido per me. Di mie venture
pria d’ogni altro io vorrei
giungergli apportator: chieder l’assenso
per queste nozze, e, lui presente, in Creta
legarmi ad Aristea.
Clistene.   Giusta è la brama.
Megacle. Partirò, se il concedi,
senz’altro indugio. In vece mia rimanga
questi, della mia sposa (presentando Licida)
servo, compagno e condottier.
Clistene.   (Che volto
è questo mai! Nel rimirarlo, il sangue
mi si riscuote in ogni vena.) E questi
chi è? come s’appella?
Megacle.   Egisto ha nome,