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42 | xi - olimpiade |
incenerir non sanno,
numi, i fulmini vostri in ciel che fanno?
Licida. Son fuor di me. Di’: che t’offese, o cara?
Parla: brami vendetta? Ecco il tuo sposo:
ecco Licida...
Aristea. Oh dèi!
Tu quel Licida sei... Fuggi, t’invola,
nasconditi da me. Per tua cagione,
perfido! mi ritrovo a questo passo.
Licida. E qual colpa ho commessa? Io son di sasso!
Aristea. Tu me da me dividi:
barbaro! tu m’uccidi:
tutto il dolor ch’io sento,
tutto mi vien da te.
No, non sperar mai pace:
odio quel cor fallace:
oggetto di spavento
sempre sarai per me. (parte)
SCENA XII
Licida e poi Argene.
«perfido» a me! Voglio seguirla, e voglio
sapere almen che strano enigma è questo.
Argene. Férmati, traditor!
Licida. (riconosce Argene) Sogno o son desto?
Argene. Non sogni, no: son io
l’abbandonata Argene. Anima ingrata!
riconosci quel volto
che fu gran tempo il tuo piacer, se pure,
in sorte sí funesta,
delle antiche sembianze orma vi resta.