Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. III, 1914 – BEIC 1885240.pdf/50

Da Wikisource.
44 xi - olimpiade


SCENA XIII

Licida e poi Aminta.

Licida. In angustia piú fiera

io non mi vidi mai. Tutto è in ruina,
se parla Argene. È forza
raggiungerla, placarla... E chi trattiene
la principessa intanto? Il solo amico
potria... Ma dove andò? Si cerchi. Almeno
e consiglio e conforto
Megacle mi dará. (vuol partire)
Aminta.   Megacle è morto!
Licida. Che dici, Aminta?
Aminta.   Io dico
purtroppo il ver.
Licida.   Come! Perché? Qual empio
sí bei giorni troncò? Trovisi: io voglio
ch’esempio di vendetta altrui ne resti.
Aminta. Principe, nol cercar: tu l’uccidesti.
Licida. Io! Deliri.
Aminta.   Volesse
il ciel ch’io delirassi. Odimi. In traccia
mentre or di te venia, fra quelle piante
un gemito improvviso
sento. Mi fermo, al suon mi volgo, e miro
uom che sul nudo acciaro
prono giá s’abbandona. Accorro. Al petto
fo d’una man sostegno;
con l’altra il ferro svio. Ma, quando al volto
Megacle ravvisai,
pensa com’ei restò, com’io restai.
Dopo un breve stupore: — Ah! qual follia
bramar ti fa la morte? —