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atto terzo | 59 |
Deh! tu l’istoria amara
raddolcisci narrando. Il vecchio afflitto
reggi, assisti, consola:
lo raccomando a te. Se piange, il pianto
tu gli asciuga sul ciglio;
e in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio.
Megacle. Taci: mi fai morir.
Clistene. Non posso, Alcandro,
resister piú. Guarda que’ volti; osserva
que’ replicati amplessi,
que’ teneri sospiri e que’ confusi
fra le lagrime alterne ultimi baci.
Povera umanitá!
Alcandro. Signor, trascorre
l’ora permessa al sacrifizio.
Clistene. È vero.
Olá! sacri ministri,
la vittima prendete. E voi, custodi,
dall’amico infelice
dividete colui. (sono divisi da’ sacerdoti e da’ custodi)
Megacle. Barbari! Ah, voi
avete dal mio sen svelto il cor mio!
Licida. Ah, dolce amico!
Megacle. Ah, caro prence!
Licida e Megacle. (guardandosi da lontano) Addio!
Coro. I tuoi strali, — terror de’ mortali
ah! sospendi, gran padre de’ numi,
ah! deponi, gran nume de’ re.
Nel tempo che si canta il coro, Licida va ad inginocchiarsi a piè dell’ara, appresso al sacerdote. Il re prende la sacra scure, che gli vien presentata sopra un bacile da un de’ ministri del tempio; e, nel porgerla al sacerdote, canta i seguenti versi, accompagnati da grave sinfonia.
onnipotente Giove,
al cui cenno si move