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atto primo 77


SCENA II

Dircea e poi Timante.

Dircea. Se il mio principe almeno

quindi lungi non fosse... Oh ciel, che miro!
ei viene a me!
Timante.   Dolce consorte...
Dircea.   Ah! taci:
potrebbe udirti alcun. Rammenta, o caro,
che qui non resta in vita
suddita sposa a regio figlio unita.
Timante. Non temer, mia speranza. Alcun non ode.
Io ti difendo.
Dircea.   E quale amico nume
ti rende a me?
Timante.   Del genitore un cenno
mi richiama dal campo,
né la cagion ne so. Ma tu, mia vita,
m’ami ancor? ti ritrovo
qual ti lasciai? pensasti a me?
Dircea.   Ma come
chieder lo puoi? Puoi dubitarne?
Timante.   Oh Dio!
non dubito, ben mio; lo so che m’ami,
ma da quel dolce labbro
troppo, soffrilo in pace,
sentirlo replicar, troppo mi piace.
Ed il picciolo Olinto, il caro pegno
de’ nostri casti amori,
che fa? cresce in bellezza?
a qual di noi somiglia?
Dircea.   Egli incomincia
giá col tenero piede