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78 xii - demofoonte


orme incerte a segnar. Tutta ha nel volto

quella dolce fierezza,
che tanto in te mi piacque. Allor che ride,
par l’immagine tua. Lui rimirando,
te rimirar mi sembra. Oh, quante volte,
credula troppo al dolce error del ciglio,
mi strinsi al petto il genitor nel figlio!
Timante. Ah! dov’è? Sposa amata,
guidami a lui; fa’ ch’io lo vegga.
Dircea.   Affrena,
signor, per ora il violento affetto.
In custodita parte
egli vive celato; e andarne a lui
non è sempre sicuro. Oh, quanta pena
costa il nostro segreto!
Timante.   Ormai son stanco
di finger piú, di tremar sempre: io voglio
cercare oggi una via
d’uscir di tante angustie.
Dircea.   Oggi sovrasta
altra angustia maggiore. Il giorno è questo
dell’annuo sagrifizio. Il nome mio
sará esposto alla sorte: il re lo vuole;
si oppone il padre; e della lor contesa
temo piú che del resto.
Timante.   È noto forse
al padre tuo che sei mia sposa?
Dircea.   Il cielo
nol voglia mai. Piú non vivrei.
Timante.   M’ascolta.
Proporrò che di nuovo
si consulti l’oracolo. Acquistiamo
tempo a pensar.
Dircea.   Questo è giá fatto.
Timante.   E come
rispose?