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86 xii - demofoonte


mi die’ per vagheggiarti; e me quel nome,

non che gli altri, ingannò. L’amor, che sempre
sospirar mi facea d’esserti accanto,
mi pareva dovere; e mille volte
a te spiegar credei
gli affetti del german, spiegando i miei.
Creusa. (Ah! me n’avvidi.) Un tale ardir mi giunge
nuovo cosí, che istupidisco.
Cherinto.   E pure,
talor mi lusingai che l’alme nostre
s’intendesser fra loro
senza parlar. Certi sospiri intesi,
un non so che di languido osservai
spesso negli occhi tuoi, che mi parea
molto piú che amicizia.
Creusa.   Orsú! Cherinto,
della mia tolleranza
cominci ad abusar. Mai piú d’amore
guarda di non parlarmi.
Cherinto.   Io non comprendo...
Creusa. Mi spiegherò. Se in avvenir piú saggio
non sei di quel che fosti infino ad ora,
non comparirmi innanzi. Intendi ancora?
Cherinto.   T’intendo, ingrata!
          vuoi ch’io m’uccida:
          sarai contenta,
          m’ucciderò.
               Ma ti rammenta
          che a un’alma fida
          l’averti amata
          troppo costò. (vuol partire)
Creusa. Dove? Ferma!
Cherinto.   No, no! troppo t’offende
la mia presenza. (in atto di partire)
Creusa.   Odi, Cherinto.
Cherinto.   Eh! troppo